Page 10 - Against Sepsis
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La vecchia definizione - Perché i criteri della SIRS non sono utili per la diagnosi di sepsi?

   Alcuni clinici spesso associano in maniera imprecisa la sepsi ai criteri della Sindrome da risposta infiammatoria
   sistemica (SIRS), che includono i parametri della temperatura, frequenza cardiaca e respiratoria e conta dei globuli
   bianchi, ma che si sono dimostrati di difficile applicazione sia nella clinica che in studi clinici randomizzati.
   SIRS 1991 e vecchi criteri per la diagnosi di SEPSI [2]
   La Sindrome da risposta infiammatoria sistemica all’infezione è definita da almeno due dei seguenti parametri:

     - Temperatura >38°C o <36°C
     - Frequenza cardiaca > 90 battiti al minuto
     - Frequenza respiratoria > 20 respiri al minuto o pressione parziale di CO2 < 32mmHg
     - Conta dei globuli bianchi > 12.000/ml o < 4.000/ml o >10% forme immature (a banda).
   L’uso dei criteri della SIRS più l’infezione definirebbe come sepsi una grande percentuale di casi di pazienti con
   un’infezione non complicata: per questi pazienti l’etichetta sepsi sembra fuori luogo o irrilevante. Per esempio,
   molti bambini con infezioni dell’orecchio medio spesso hanno due o tre criteri di SIRS (febbre, tachicardia e
   leucocitosi); definirli come settici basandosi sui criteri di SIRS non avrebbe significato clinico, considerando che
   molti sono curati al domicilio, con antibiotici per bocca. Inoltre, in un gran numero di pazienti, specialmente quelli
   in cui gli antibiotici sono stati iniziati con criterio empirico, trovare batteri nel sangue o nei fluidi corporei è spesso
   problematico: in circa il 30% dei casi di presunta sepsi, nessun patogeno viene identificato. In molti casi, l’infezione
   è sospettata radiologicamente o da altri rilievi ematologici. Il vecchio termine setticemia fa riferimento a sepsi con
   emocolture positive; è un termine ormai desueto. Le emocolture nella sepsi possono essere negative, in parte
   perché alcuni pazienti sono stati trattati con antibiotici empiricamente prima dei prelievi, in parte perché i batteri
   non hanno bisogno di circolare nel sangue per indurre la sepsi.

La recente definizione [3] descrive la sepsi come un’insufficienza degli organi generata da una risposta
abnorme dell’ospite all’infezione, e che mette in pericolo la vita. Da questa definizione emerge un nuovo
concetto, quello della sepsi come emergenza medica, quindi come sindrome la cui gravità aumenta fino alla
morte nello scorrere rapido del tempo: un concetto che obbliga ad un profondo cambiamento nel management
territoriale e ospedaliero.

    La nuova definizione di sepsi e il ruolo della risposta del sistema immunitario> La nuova definizione
   di sepsi e shock settico del 2016 [3] è basata sulla realtà clinica descritta da parametri fisiologici e di laboratorio
   facilmente ottenibili. Quello che distingue la sepsi da altre infezioni, localizzate o meno, è la risposta dell’ospite,
   definita come disfunzionale, generalizzata e che contribuisce all’alterazione multipla di organi e tessuti, anche non
   coinvolti direttamente nel processo infettivo; potenzialmente, la sepsi evolve in shock settico. È stata proposta una
   rapida valutazione di lesione d’organo al letto del paziente, usando misure cliniche facilmente ottenibili. La precoce
   evidenza dello shock settico si manifesta nell’ipoperfusione dei tessuti con risultante disfunzione ed eventuale
   insufficienza d’organo, che avviene simultaneamente o nelle vicinanze temporali dell’evento infiammatorio. Il
   termine shock settico è definito come uno stato in cui la sepsi è associata ad una disfunzione cardiovascolare che
   si manifesta con una ipotensione persistente nonostante un adeguato riempimento fluidico - ciò per escludere la
   possibilità di deplezione di volume come causa dell’ipotensione.
   L’ipotensione a sua volta è definita come la richiesta di vasopressori per mantenere la pressione arteriosa media
   > 65 mmHg ed il livello di lattato plasmatico < 2 mmol/l. Un aumentato livello di lattato sierico è un chiaro segno
   di ipoperfusione tissutale e shock settico, ed è utile per una diagnosi precoce. Il valore di cut-off usuale per un
   anormale livello di lattato è > 2 mmol/l (aumentato a 4 mmol/l per l’inclusione nei trial clinici).
   La nuova definizione nasce dalla terza conferenza internazionale di consenso sulla definizione di sepsi e shock
   settico (SEPSIS-3) e considera l’infezione come un’interazione fra un ospite ed un patogeno che induce una risposta
   (locale o sistemica) dell’ospite.
   SEPSI: una disfunzione d’organo dovuta ad una risposta incontrollata dell’ospite all’infezione, e che mette in
   pericolo la vita.
   SHOCK SETTICO: evoluzione clinica della sepsi, in cui profonde anormalità circolatorie, cellulari e metaboliche sono
   associate con un maggiore rischio di mortalità rispetto alla sola sepsi.
   NB: la disfunzione d’organo può comparire fin dall’inizio lontana dal sito di infezione. Lo shock settico è
   operativamente definito come richiedente la terapia vasopressoria per mantenere una pressione arteriosa media
   > 65mmHg, e come presenza di aumentato livello plasmatico di lattato (> 2 mmol/l )

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