Page 61 - Against Sepsis
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Qual è il fluido ottimale per la rianimazione nella sepsi? Gli studi multicentrici non hanno trovato differenze
significative fra le principali categorie di fluido adottate (albumina e cristalloidi). Per un esame più approfondito della
tematica, si rimanda alla letteratura di riferimento. [93,94,95,96]. La scelta del fluido nella rianimazione della sepsi
è ancora ampiamente sconosciuta e necessita di essere meglio delineata. Inoltre, la scelta del fluido una volta che
l’iniziale rianimazione è stata completata è poco chiara. Nonostante numerosi studi, non è ancora chiaro il ruolo dei
colloidi, quanti usarne e che tipo usare. Sono necessari gli studi che distinguono fra cristalloidi bilanciati e soluzione
fisiologica 0,9%; tuttavia, tali studi dovrebbero essere maggiormente aderenti al comportamento quotidiano dei
medici e considerare le misure del cloro e l’interruzione della somministrazione se subentra l’ipercloremia. Data
l’eterogeneità dell’eziologia della sepsi, i subgruppi della sepsi necessitano di essere ulteriormente valutati per
determinare se ci sono specifici gruppi in cui il tipo di fluido abbia reale impatto sull’esito. Infine, non sono state
esplorate in maniera esaurente le possibili scelte del fluido nelle aree di assistenza a risorse limitate; sono quindi
necessari studi per investigare la tipologia ottimali di fluido da impiegare in questi setting.
Storia della Early goal directed therapy (EGDT) > Nel 2001 venne proposta una strategia emodinamica aggressiva
effettuata passo dopo passo , chiamata “Early goal directed therapy†(EGDT) [97] che poi fu fatta propria nel 2004
dalla Surviving Sepsis Campaign (SSC) ed inserita nella prima edizione delle linee guida internazionali. Questa
strategia a passi era orientata alla normalizzazione della saturazione di ossigeno del sangue venoso centrale (ScvO2)
entro le prime sei ore di rianimazione. Come primo passo, veniva raccomandata l’infusione dei fluidi allo scopo
di ottenere una Pressione venosa centrale (PVC) fra 8 e 12 mmHg. Come secondo passo, veniva raccomandata la
somministrazione del vasopressore se la Pressione arteriosa media (MAP) era < 65 mmHg . Come terzo passo, in
caso di ScvO2 < 70% nonostante l’ottenimento dell’obiettivo per PVC e MAP, venivano prese in considerazione le
trasfusioni di sangue ed eventualmente la somministrazione di dobutamina (inotropo). In uno studio che includeva
263 pazienti, l’applicazione della EGDT diminuiva in modo significativo la mortalità , a paragone del gruppo di
controllo dove la ScvO2 non veniva usata. Applicando la EGDT, si registrava un più alto volume di fluidi nelle prime
sei ore rispetto alla cura standard (media 5000 ml versus 3500 ml). Il protocollo EGDT fu interamente adottato
dalla SSC [98] ma molte critiche furono sollevate al protocollo [99,100]. Fra queste critiche, ci fu quella dell’uso
della PVC per guidare la rianimazione con fluidi , poiché ci sono forti evidenze che la PVC sia una misura statica
non affidabile della risposta ai fluidi [73]. La somministrazione di fluidi fino ad ottenere un valore di PVC così alto
come 12 mmHg - un valore da cinque a sei volte più alto dei valori normali - potrebbe portare ad un sovraccarico
di fluidi. In uno studio con un gran numero di pazienti con shock settico, quelli con una PVC < 8 mmHg a 12
ore dall’accettazione avevano una più alta percentuale di sopravvivenza di quelli con PVC > 12 mmHg [101] .Un
bilanciamento positivo cumulativo di fluidi si è dimostrato essere un fattore indipendente di mortalità nei pazienti
settici. In una coorte di 23.513 pazienti settici, la somministrazione di più di 5 litri di fluidi durante il primo giorno
era associata con un aumentato rischio di morte [102]. Tre studi multicentrici (ProCESS [103] ARISE [104] e ProMISE
[105]) sono stati condotti per paragonare l’EGDT con uso della ScvO2 alla cura standard. In nessuno di questi studi
la EGDT dimostrò beneficio in termini di esito, come recentemente confermato anche da una metanalisi [106].
É importante sottolineare però che i pazienti di questi tre studi erano meno gravi di quelli arruolati nello studio
originale EGDT [98] poiché avevano meno comorbilità , più bassi livelli di lattato e minore percentuale di mortalità .
Nei tre studi multicentrici la ScvO2 media era già più alta del bersaglio (70%) fissato al tempo dell’inclusione così
che questi studi non potevano dimostrare alcun beneficio dell’applicazione di EGDT. Perciò, tali studi non possono
escludere un beneficio del raggiungimento di un target ScvO2 >70% quando la ScvO2 è più bassa di questo valore,
come invece era nel caso nello studio originale EGDT (ScvO2 49% in media). La PVC e la ScvO2 sono state cancellate
dalle raccomandazioni [7].
Fase rianimatoria di salvataggio (immediatamente) Durante la prima fase del trattamento, chiamata fase
rianimatoria di salvataggio [107], il principale obiettivo della terapia con i fluidi è quello di ottenere livelli di
pressione sanguigna e portata cardiaca che siano compatibili con l’immediata sopravvivenza.
Somministrazione di noradrenalina > Dopo la fase iniziale, il rapporto beneficio/rischio di un'ulteriore espansione
di volume dovrebbe essere attentamente valutato con misure dinamiche in ciascun paziente. La noradrenalina
dovrebbe essere somministrata precocemente in caso di ipotensione che mette in pericolo la vita persino quando
l’ipovolemia non è stata ancora controllata.
Entro la prima ora di rianimazione (1 ora) Quando l’ipovolemia è costante nella fase iniziale dello shock
settico, i fluidi dovrebbero essere infusi urgentemente senza usare predittori di risposta ai fluidi. Una velocitÃ
di somministrazione di 10ml/kg entro la prima ora (da trenta a sessanta minuti) di rianimazione sembra essere
un tempo ragionevole. Una più alta velocità di infusione dovrebbe essere presa in considerazione nei casi di
evidenti perdite di fluidi, distribuzione di fluidi nel terzo spazio come in caso di sepsi di origine addominale, alta
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